Arbitri, Trentalange: “Basta violenze, ormai è bollettino di guerra”

ROMAIl presidente dell’Aia Alfredo Trentalange, nel corso dell’Assemblea organizzativa e tecnica dei presidenti di sezione nel centro tecnico di Coverciano, è intervenuto sul delicato argomento della violenza contro gli arbitri, un fenomeno purtroppo sempre più diffuso: “In poco più di due mesi di attività la classe arbitrale è stata vittima di diciannove episodi di violenza. Otto casi di grave violenza fisica hanno portato i nostri associati a dover ricorrere alle cure ospedaliere. Sono stati prescritti dai sanitari quarantasei giorni di prognosi. Un bollettino di guerra che ha coinvolto la Serie A femminile e gli Under 17 passando per i vari campionati dilettantistici. Non posso far finta di niente davanti a una violenza che sta crescendo. Non voglio rassegnarmi all’idea che sia quasi inevitabile. Come Presidente dell’Aia sento invece forte il dovere di denunciare all’opinione pubblica questo scenario. Pretendendo che sia analizzato sotto tutti i punti di vista e che siano valutate misurare adeguate per combatterlo“.

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Misure immediate

Per questo motivo Trentalange auspica delle misure immediate: Il primo pensiero che mi viene a mente è che c’è bisogno di pene più severe per scoraggiare chi non rispetta la figura di giovani e meno giovani, di ragazzi e ragazze, che forti di una grande passione permettono lo sviluppo dell’attività calcistica. Senza arbitri il pallone si fermerebbe. Non dimentichiamolo mai. E allora vanno aiutati e protetti. C’è una proposta di legge con disposizioni concernenti modifiche alla legge 13 dicembre 1989 in tema di lesioni personali a soggetti che assicurano la regolarità tecnica di una manifestazione sportiva. Giusto così. È qualcosa che può funzionare da deterrente. Ma non fermiamoci a questa proposta. Vediamo cos’altro si può fare in sintonia anche con la giustizia sportiva“.

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Cambio culturale

Poi ha aggiunto: C’è un altro aspetto che ritengo meriti di essere sottolineato. Con ancora più forza. E cioè che serve un salto in avanti culturale. Bisogna che sia compreso sempre di più il ruolo del direttore di gara e il senso di legalità che rappresenta. Chi sceglie di fare l’arbitro cresce. I giovani arbitri diventano studenti migliori. Diventano persone migliori. La battaglia che sto portando avanti per il doppio tesseramento va in questa direzione. Spero, anzi sono convinto, che gli arbitri-calciatori racconteranno la loro esperienza ai compagni, ai dirigenti, alle loro famiglie, ai loro amici. Trasmetteranno un messaggio nuovo, coinvolgente. In alcuni Paesi stranieri ogni società ha il dovere di indicare un suo giocatore-arbitro. Mi piacerebbe se in futuro ciò avvenisse anche in Italia. Sogno una futura classe arbitrale che cresca con una conoscenza sempre maggiore delle regole ma anche con una nuova sensibilità, una nuova apertura che porti chi sta dentro e fuori dal campo a vivere chi dirige una gara senza stupidi pregiudizi. L’Aia è orgogliosa di vedere i propri associati colpiti da atti di violenza tornare subito in campo. Dimostrando una grande forza interiore di cui vado orgoglioso. Ma dico anche che non abbandonerò questa battaglia fino a quando questi tristi bollettini di guerra saranno solo ricordi del passato“.

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