Allegri, Sarri e gli scienziati del calcio: tra il cortomuso e i musi lunghi

Curioso, affascinante, paradossale. Due, tre anni fa la sfida tra il tecnico juventino Massimiliano Allegri e il collega Maurizio Sarri (del Napoli, del Chelsea) si sarebbe portata appresso tutta una serie di discettazioni teorico-filosofiche tra esteti e risultatisti, tra scienziati del calcio e artisti. I primi, assai pronti, sarebbero partiti lancia in resta sostenendo che con un altro tipo di allenatore, con un “sarrismo” riveduto e corretto in salsa bianconera, beh, allora sì che i risultati degli allora campioni d’Italia sarebbero stati eccellenti anche in ambito europeo (pure oltre le semifinali, si intende) e, peraltro, sarebbero stati accompagnati da fraseggi sopraffini e giocate idilliache.

Verso Lazio-Juve

Oggi, no. Rilanciare certe affermazione risulterebbe un po’ meno credibile. Perché è stato certificato dai fatti quanto fossero un po’ semplicistiche, certe affermazioni. Dall’esonero di Allegri – effettuato proprio in virtù della ricerca d’un salto di qualità estetico – sono passati due allenatori: lo stesso Sarri, ma guarda un po’. E poi Pirlo, con teorie ancor più estreme, se possibile, in termini di bel gioco. Sono passati una cinquantina di milioni di euro lordi spesi in ingaggi dei suddetti allenatori (prima Sarri in panchina più Allegri a libro paga, poi Pirlo in panchina e Sarri a libro paga; ora Pirlo ancora c’è…). Sono passate diverse occasioni, incolte, di vincere lo scorso scudetto e di qualificarsi ai quarti di finale di Champions League: non c’è arrivato Sarri, non c’è arrivato Pirlo.

Allegri Vs Sarri: ha vinto il "risultatismo", ma ora servono i risultati

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Allegri Vs Sarri: ha vinto il “risultatismo”, ma ora servono i risultati

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