Adriano Galliani, l'intervista esclusiva: "Siamo tornati"

Quali, Galliani?  

«Il 13 aprile del 2017 finisce la mia avventura al Milan e il telefonino si trasforma nello specchio di un mondo, di un modo. Adriano Galliani, che fino a quel momento era alto, bello e con gli occhi azzurri – ha presente Brad Pitt? – diventa improvvisamente, e rapidamente, Calimero. La frequenza delle chiamate si riduce in modo esponenziale, riprende soltanto il 28 settembre 2018 quando Silvio Berlusconi acquista il Monza. Cento telefonate in C, 200 in B, qualcuna in più nella stagione in cui sfioriamo la serie A». 

E dal 29 maggio scorso?  

«Dalle 23 e 15 del 29 maggio 2022, terminata la partita col Pisa, assisto a un’autentica esplosione di… affetto. I messaggi che ricevo su whatsapp sono oltre mille e duecento. Ho impiegato una settimana per rispondere a tutti. Chi mi poneva domande, chi inseguiva un incontro, chi domandava altro, chi si proponeva: non potevo risolverla con un grazie e a presto oppure con un cuore rosso e uno bianco, i colori del cuore».  

Considerate la crisi in cui versa il nostro calcio e le necessità del settore, immagino che adesso – per bellezza riacquistata – stia superando anche l’attore americano.  

«Oggi sono un misto tra Paul Newman, Richard Gere, Marlon Brando e Brad».  

In effetti il calcio italiano si augurava la promozione del Monza proprio perché convinto che avreste messo di nuovo in circolo decine di milioni. Del resto proprio lei si definisce «spendaccione».  

«Ho contato 165 messaggi di procuratori. Li ho segnati tutti con l’asterisco».  

Due giorni fa si è ripresentato in Lega. Come l’ha trovata? Come nel 2017 o, nel frattempo, si erano venduti anche le sedie?  

«Non hanno venduto proprio nulla».  

In tutti i sensi, aggiungo.  

«Ho visto qualche faccia nuova e altre che conoscevo da decenni. Mi sono presentato così: “sono il giovane dirigente di una società neopromossa e sono qui per imparare”, suscitando qualche risata. Ho detto due parole in tutto perché i temi all’ordine del giorno erano relativi alla stagione ‘21-’22. Si è parlato anche della prossima, chiaro, in particolare della vendita dei diritti esteri».  

Un disastro: se va avanti così la Premier si pappa l’intera torta. Mi risulta che in 50 Paesi su 55 i diritti del calcio inglese costino più di quelli del campionato nazionale.  

«I vertici della Lega vivono questa situazione come un problema, un enorme problema. Sui domestici siamo messi bene, ma sugli esteri si è verificato un tracollo. Adesso la Lega ha aperto un paio di sedi fuori dall’Italia, l’intenzione è quella di rilanciare il campionato. Anche la Liga, non solo la Premier, rappresenta una concorrenza temibile».  

Come si spiega l’interessamento dei fondi americani?  

«I nostri club sono asset che si comprano con poco, o a molto meno che altrove, e il loro valore può aumentare in modo considerevole. Il Chelsea è stato appena acquistato per 4 miliardi di sterline, mentre il nostro club più prestigioso, il Milan, per un miliardo e due. Quindici anni fa il valore di una realtà dei principali sport americani – basket, hockey, baseball, football – era di 500 milioni, oggi può arrivare a 3 miliardi di dollari. Ma mi faccia tornare alla storia straordinaria».  

Prego.  

«Quando mi chiedono se è stato più difficile vincere la Champions col Milan o ottenere la promozione in A col Monza, rispondo la seconda, assolutamente. Il Milan che Berlusconi acquistò nell’86 era un top club che aveva vinto due coppe dei campioni, nel ‘63 e nel ’69, e dieci scudetti. Il titolo era ossidato, per le ragioni che sappiamo, ma il club aveva una tradizione, incarnava dei valori anche culturali. Berlusconi e Galliani l’hanno portato a 7 coppe dei campioni e 18 scudetti partendo da una base, da un prestigio consolidato. Il Monza, nato nel settembre del 1912, la A l’aveva soltanto sfiorata, aveva conosciuto il fallimento ed era ripartito dalla D come Domodossola. Lo stadio nel 2018 era inagibile, il centro sportivo praticamente inesistente. Soltanto il primo luglio del 2017 era tornato in C e avrebbe dovuto giocare a Gorgonzola, ospite del Giana».  

La sento carico come mai. 

«Il nostro è stato il cammino laico di Santiago di Compostela, che mi pare sia lungo 800 chilometri».  

Per la precisione 781. 

«Sono l’unico ad della storia ad aver vinto C, B, A, Champions e Mondiale per club, il mio amico Florentino non può dire altrettanto».  

Non penso che gli dispiaccia.  

(Sorride). «Monza è una delle province più ricche d’Italia, ha 800mila abitanti e 75mila imprese, considero impresa anche una partita Iva. L’anno scorso le aziende monzesi hanno esportato per oltre 10 miliardi di euro. Malgrado questi numeri, fino al 29 maggio Monza era l’unica provincia lombarda mai presente in serie A. C’è riuscito il “binomio”, metta sempre prima Berlusconi, poi Galliani. Due brianzoli, uno acquisito nel ‘70, l’altro original…Monza ha un fascino particolare che le deriva dall’autodromo, la A aumenterà certamente indotto, attenzione, luce».  

Mi hanno raccontato che in Lega ha subito battezzato il presidente della Salernitana Iervolino.  

«In che senso?».  

Gli ha detto che nel calcio i soldi non si investono: si spendono.  

«Ho ricordato che il calcio è un’azienda che non distribuisce dividendi ogni anno. Soltanto se si fanno le cose benone garantisce profitti, ma solo al momento della cessione».  

Il sogno grande l’ha realizzato. Adesso a cosa punta?  

«A far parte stabilmente del lato sinistro della classifica, ci si riesce soltanto attraverso una crescita complessiva. Penso a Atalanta, Sassuolo, Verona. A settembre il Monza avrà speso 20 milioni per migliorare l’impiantistica, le strutture, ovviamente partendo dal 2018. Due sono gli step per lo stadio: il primo, l’apertura della tribuna est, che avverrà in agosto per l’esordio in coppa Italia, e porterà la capienza a 16mila posti. Il secondo la stagione seguente: ispirandoci al modello Dacia Arena di Udine, vogliamo arrivare a 25mila anche attraverso la copertura a C delle due curve e della tribuna est. Monzello, che presto si chiamerà Centro Luigi Berlusconi, in onore del padre del presidente, ha 7 campi e ospita tutte e 15 le nostre squadre».  

In Fininvest temono che spendiate troppo per il Monza?  

«Scriva così: “lo duca mio” è Silvio Berlusconi che non è felice di questa promozione, ma felicissimo. Come lo sono i suoi figli. Abbiamo fatto qualcosa di leggendario. Che sottolineeremo materialmente. Il primo settembre, in concomitanza con i 110 anni, pubblicheremo un libro che riassumerà la storia del club e lo stadio ospiterà presto il museo del Monza. La tribuna principale dell’U-Power, su tre livelli, ha una superficie di 3mila metri quadri e offre decine di opportunità. Naturalmente dovremo adeguare anche l’impianto d’illuminazione. L’altro giorno ho chiamato il proprietario della Fael, che abita in centro a Monza, e gli ho spiegato che se entro agosto non completerà i lavori si troverà sotto casa mille ultrà della curva Davide Pieri».  

Il sistema Galliani.  

«Funziona. Mi ha garantito che rispetterà i tempi. Riflettevo su una cosa: l’11 settembre ci sarà il gran premio di F.1 e in quella data noi dovremo andare per forza in trasferta, questo significa che giocheremo in casa la prima, la terza e la quinta. La serie A ci troverà pronti».  

Lei è un esperto di diritti televisivi. Si dice che nell’ultimo campionato si sia registrato un notevole calo degli ascolti.  

«Si deve arrivare a un sistema di rilevamento più completo, che tenga conto dei locali pubblici e delle seconde case. Inoltre è necessario ampliare l’offerta a più piattaforme, il calcio deve essere fruibile da tutti i device».  

Intitolerete una porzione dello stadio al mitico Guido Mazzetti, quello del “chi vince è un bravo ragazzo, chi perde una testa…”?  

«Mazzetti il mio Virgilio, mi ha accompagnato all’inferno, poi al purgatorio, infine in paradiso».  

Ha già stabilito un budget per la A? E ricorda quanti giocatori le sono serviti per raggiungerla?  

«Il budget lo farò in questi giorni, mi aspetta una full immersion estiva che non prevede weekend ma solo week. Cambieremo tanto, come abbiamo sempre fatto, per adeguare la rosa alla categoria. Le regole sono chiare: 17 giocatori, tre dei quali extracomunitari, più quattro italiani e quattro provenienti dal settore giovanile. Avendo una storia così frammentata, l’unico ex praticabile è verosimilmente Pessina, Matteo, al quale voglio bene. Ma non mi sembra un acquisto realizzabile. Le altre squadre avranno 25 in rosa, noi obbligatoriamente 21 più tanti over 2000. Punteremo comunque sui giovani, non sui nomi che leggo in questi giorni».  

Trascorrerà altre domeniche con, anzi contro Allegri, Mourinho, Spalletti, Agnelli, De Laurentiis, Lotito…  

«Max è un fratello, Mou un’icona, un vincente, ha la storia dentro. Sarà bello confrontarsi con Juve, Inter, Milan, Napoli, Roma». 

Proverà a ridurre la conflittualità tra Federcalcio e Lega? 

«Non mi faccia uscire come il professore che arriva e insegnare agli altri come si sta al mondo, la prego». 

«Chi ci crede combatte. Chi ci crede supera tutti gli ostacoli. Chi ci crede vince»…  

«Uno dei claim del presidente. Provarci sempre. Il calcio mi ha insegnato una cosa: vince la storia. Il Monza è un’eccezione: devo dire che dopo la sconfitta di Perugia ho temuto che non ce l’avremmo fatta proprio per via della storia che mancava. Napoleone disse che “per essere dei grandi leader è necessario diventare studiosi del successo e il miglior modo che conosco è quello di conoscere la storia e la biografia degli uomini che già hanno avuto successo”».  

Berlusconi va per gli 86, lei per i settantotto. E ancora sognate.  

«Io sono nato il 30 luglio del ’44, e non aggiungo altro. Anzi, una cosa la aggiungo. Una frase che mi piace tanto: in un sogno non si ha mai ottanta anni». 

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