Abodi: Stadi e tifosi sfide della B

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Abodi: Stadi e tifosi sfide della B
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Lunga intervista con il presidente di Lega B: «Impianti moderni e umani per rimettere la gente al centro di tutto. Il calcio a Natale? Un successo. Che orgoglio vedere Morosini, Orsolini e Faragò in A! Continuiamo a far crescere i nostri talenti, ma servirebbe una filiera più efficace nell’interesse di tutto il sistema. Anche nell’ammodernamento delle infrastrutture, sfruttare la nostra piattaforma B Futura è un’opportunità che andrebbe colta da tutti. Se non ci sbrichiamo a ragionare insieme, il nostro calcio non ha nessuna possibilità di annullare il ritardo con i gradi paesi europei. Tv e stadi pieni non sono situazioni incompatibili, anzi possono sostenersi reciprocamente».

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Lunga intervista con il presidente di Lega B: «Impianti moderni e umani per rimettere la gente al centro di tutto. Il calcio a Natale? Un successo. Che orgoglio vedere Morosini, Orsolini e Faragò in A! Continuiamo a far crescere i nostri talenti, ma servirebbe una filiera più efficace nell’interesse di tutto il sistema. Anche nell’ammodernamento delle infrastrutture, sfruttare la nostra piattaforma B Futura è un’opportunità che andrebbe colta da tutti. Se non ci sbrichiamo a ragionare insieme, il nostro calcio non ha nessuna possibilità di annullare il ritardo con i gradi paesi europei. Tv e stadi pieni non sono situazioni incompatibili, anzi possono sostenersi reciprocamente».

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Presidente Abodi, riparte il campionato di Serie B dopo un girone d’andata ricco di storie da raccontare. E’ in linea con le sue aspettative?
«Le mie aspettative sono sempre legate a un solo concetto-guida: migliorare, dove possibile. In effetti si è chiuso un girone d’andata positivo, nel quale abbiamo continuato a registrare la crescita del pubblico nei nostri stadi e degli ascolti televisivi. E abbiamo anche consolidato la nostra missione all’interno del sistema calcistico italiano con l’ennesimo lancio di nuovi giovani talenti».
Lei è alla guida della Lega B dal 2010 ed è innegabile che dal suo avvento siano cambiate tante cose in questa categoria che ha dovuto imparare a camminare con le proprie gambe, essendo terminata l’unione con la Lega A e il relativo assistenzialismo. A che punto è il suo progetto?
«A sei anni dalla ri-nascita pensiamo di aver dimostrato di avere anima, testa e gambe, mettendoli al servizio del calcio e dei nostri Tifosi. Chiuso questo primo ciclo di impostazione del masterplan, ora inizia quello del consolidamento di tutte le “linee di produzione” che nei prossimi quattro anni potranno rendere la B più solida e autorevole, in Italia e all’estero».
Il progresso è stato netto a vari livelli. Quello tecnico le ha dato grandi soddisfazioni con la continua valorizzazione di talenti nel torneo cadetto. Da Insigne a Orsolini la lista è lunghissima. Eppure non è l’unico aspetto che merita di essere sottolineato. E’ così?
«Si parla spesso nella B di Gioventù, Talento e Italianità, le nostre parole-chiave e, al tempo stesso, fattori di crescita della nostra piattaforma. Il progresso lo abbiamo registrato anche nella qualità della competizione grazie a una formula che ha contribuito all’affermazione di un torneo avvincente, equilibrato e incerto fino al termine, seguito da un sempre maggiore numero di Tifosi sia negli stadi che davanti alla tv, a riprova che i due modelli di fruizione del calcio possono convivere e sostenersi a vicenda. Ma come non sottolineare il progresso legato alla progettualità sulle infrastrutture sportive che sta registrando un effetto domino fra tutte le società impegnate nel miglioramento del proprio stadio. Oppure nel risanamento dei conti delle società, con l’adozione di strumenti – tetto salariale e alle rose su tutti – e indicatori per l’iscrizione che renderanno la competizione e i club più forti e meno vulnerabili. Infine c’è la responsabilità sociale del calcio, con oltre 200 iniziative ed eventi che si rinnovano in ogni stagione nei nostri territori».
La Lega che lei dirige ha accentuato sotto la sua presidenza questa vocazione formativa diventando un laboratorio per il nostro calcio. In cosa bisognerebbe migliorare questa filiera tecnica?
«Non ho mai nascosto l’auspicio di una maggiore collaborazione fra le Leghe, e tra le Leghe e le Componenti Tecniche, come avviene nei più sviluppati modelli europei. Facciamo fatica a comportarci da sistema, a ragionare insieme, a elaborare progetti comuni, valorizzando i diversi ruoli della filiera, con l’effetto di disperdere energie e limitare la crescita in chiave di sostenibilità e competitività del sistema stesso. Un errore al quale, con il supporto e la regia della Federazione, dovremo porre immediato rimedio se vogliamo stare al passo con i paesi più evoluti».
Il suo impegno è stato costante anche su altri due piani: ha iniettato nelle società associate cultura d’impresa e ha preteso equilibrio economico con regole stringenti e inderogabili che hanno anche riguardato i compensi dei tesserati. Chi le viola è fuori dai giochi. E’ così?
«Una società di calcio professionistico è molto di più di un’azienda, perché deve coniugare i criteri di sana gestione, tipici dell’impresa, con tutti i fattori che caratterizzano il calcio, con le sue implicazioni emotive. In questo perimetro, quello economico-finanziario delle nostre società rappresenta non solo un obiettivo gestionale da unire a quelli sportivi, ma anche un elemento di garanzia per evitare che il calcio diventi debole per comportamenti individuali e per assetti proprietari. Per questo abbiamo voluto contribuire a selezionare il ricambio imprenditoriale nelle società, come ha dimostrato il caso Pisa. Nell’interesse di tutti. Il tetto agli ingaggi e alle liste dei calciatori, un più equilibrato rapporto – fissato al 55% – tra valore della produzione e costo del lavoro, parametri più stringenti di liquidità e indebitamento per l’iscrizione, controlli più efficaci sui bilanci dei club, rappresentano la parte più “visibile” delle politiche di Lega B per uscire dalla precarietà gestionale, un fattore di rischio per il calcio».
Questa crescita ha riguardato anche le infrastrutture. Lei ha creato una società di scopo, B Futura, dedicata all’ammodernamento degli stadi. Ci sono progetti avviati in importanti città e altri ne arriveranno. Inoltre ha lavorato per creare sinergie come quella presentata di recente con Leonardo-Finmeccanica. Gli stadi che lei ha in mente sono avveniristici, senza barriere (non solo architettoniche) e iper tecnologici. Ma tutto ciò è realizzabile in tempi brevi?
«Produrre sviluppo infrastrutturale non è  semplice nel nostro Paese, ma B Futura ha questa missione: favorire la nascita di quella che chiamo “la casa del calcio” – lo stadio – e della “fabbrica del futuro” – l’impianto di allenamento. B Futura è uno strumento per l’intero sistema, che ha colmato una lacuna elaborando un modello di program management a disposizione di tutti, club e amministrazioni comunali, per arrivare a una nuova generazione di infrastrutture moderne, funzionali e a misura di persona. Il progetto è unico nel suo genere e ambizioso, ma è rilevante che in poco più di un anno di vita B Futura abbia già in portafoglio 6 progetti-stadio. A Cagliari si aprirà il cantiere entro l’anno, ma anche a Pescara, Avellino, Crotone, Vicenza e Bassano ci sarà una forte accelerazione. E prima dell’estate confidiamo arrivino i progetti di riqualificazione infrastrutturale degli stadi di Spezia, Pisa, Spal, Perugia, Ascoli e Latina. Saranno stadi coperti, ecocompatibili, tecnologici e senza barriere, e gli accordi con Officinae Verdi (societa partecipata da Unicredit e WWF, ndr), Leonardo e Comitato Italiano Paralimpico – quest’ultimo in via di finalizzazione – vanno in questa direzione. Merita una citazione speciale il protocollo operativo sottoscritto lo scorso 27 settembre, grazie al decisivo supporto del Governo, da B Futura con INVIMIT – SGR del Ministero Economia e Finanza – e Credito Sportivo finalizzato alla creazione di un Fondo strategico dedicato allo sviluppo e alla privatizzazione delle infrastrutture sportive nell’ambito di progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana».
Aver riportato il calcio nelle festività natalizie un’idea vincente. Lo confermano i dati e il favore della gente. Il motore di tutto sono sempre i tifosi?
«Fino a quando in tutte le nostre politiche e nelle nostre scelte non concepiremo il Tifoso al centro delle nostre attenzioni, la strada sarà in salita e il rischio di regredire piuttosto che di crescere molto, troppo alto. Siamo noi a servizio dei Tifosi, non viceversa e questa filosofia sottende anche la scelta di giocare nelle festività natalizie. Ai Tifosi, che più che motore ritengo siano l’energia indispensabile per far viaggiare la macchina, chiediamo di crescere non solo nel numero, ma anche nei comportamenti. Il nostro dovere, a partire dal sottoscritto, è quello di essere soprattutto un esempio positivo».
Anche la Serie A ha deciso di seguirvi, programmando il Boxing Day per la prossima stagione.
«Volendo fare una battuta, che mi auguro non sia male interpretata, abbiamo ancora una volta cambiato l’ordine dell’alfabeto – la B prima della A – facendo peraltro da laboratorio o da apripista non solo alla Serie A, ma anche alla Lega Pro che da quest’anno ha deciso di seguire il nostro format natalizio. Una scelta nata cinque anni fa e che ha portato più pubblico negli stadi e davanti alla tv, dato che ci gratifica e ci permette di dire che la scommessa sia stata vinta».
Abodi, lei passa per un presidente “ecumenico”, uno di quelli che vorrebbe sempre tenere insieme le cose in un Paese che, invece, ama da sempre dividersi su tutto. E’ un pregio o un difetto?
«Tenere insieme soprattutto le “persone, oltre le cose” – come direbbe una nota pubblicità – credo sia fondamentale per qualunque comunità. Bisogna sempre evitare ragioni di conflitto. Nel calcio italiano, tradendo la sua natura di sport di squadra, troppo spesso prevalgono gli interessi individuali – personali e di componente – a danno dei fatturati di sistema e questo rappresenta un limite che va affrontato e superato, sviluppando ragionamenti e generando valore comune».
Lei ha, intanto, migliorato gli introiti delle società di B con un accordo importante con Sky relativo alla vendita dei diritti televisivi, dimostrando che il nostro calcio ha un fascino che può essere valorizzato a beneficio di tutto il sistema. Ma le televisioni non allontanano la gente dagli stadi? Oppure ascolti tv e spalti pieni sono conciliabili?
«I dati dicono il contrario e io sono convinto che stadio e televisione possano e debbano essere “alleati” straordinari per consentire al calcio di continuare a essere un grande fenomeno popolare. Attorno Serie B da qualche anno si è creato un clima positivo e di questo dobbiamo ringraziare chi crede nel nostro lavoro e sa apprezzarlo: prima di tutto i nostri Tifosi che con passione, e a volte con sacrificio, investono tempo e denaro sul nostro torneo, consentendo soprattutto a Sky, il nostro partner principale, di garantirci risorse economiche e qualità produttiva».
Lei è riuscito a far firmare il pallone della B da Papa Francesco e la Lega si è impegnata a costruire nel 2017 uno stadio speciale con un progetto denominato “The Bridge, un Ponte per Lampedusa”, dimostrando che il calcio è capace di realizzare sogni e unire esseri umani, anche nelle tragedie più dolorose. Cosa risponde a chi sostiene che si tratta di pure operazioni di marketing?
«La firma di Papa Francesco su un nostro pallone, che custodiamo con grande rispetto, ha uno straordinario valore, rappresentando simbolicamente il senso del nostro impegno nei confronti di un calcio competitivo, ma pulito e umano. E con uno stadio a Lampedusa vogliamo donare a quella comunità di italiani un servizio e un’opportunità, dopo che per anni abbiamo chiesto loro di essere la porta dell’Europa a sud e la frontiera con la disperazione umana, senza dare nulla in cambio. Questo impegno, come i tanti altri di B Solidale Trust Onlus, rappresenta un richiamo alla responsabilità sociale che il calcio può interpretare con effetti positivi inimmaginabili. Operazioni di marketing ? Don Pino Puglisi, martire della mafia, diceva “Chi può faccia” e le buone cose fatte devono essere testimoniate e promosse, superando anacronistici pudori».
Il caso Pisa è stato estenuante con la Lega in prima linea affinché andasse in porto una complicata cessione societaria più volte sul punto di fallire nonostante il suo impegno e di numerosi professionisti suoi collaboratori. Ci sono stati tecnici famosi che l’hanno accusata di partigianeria, opinionisti disinformati che hanno sostenuto che il Pisa non andava iscritto. Cosa replica?
«Ho operato per risolvere i problemi di un club iscritto regolarmente al campionato, a tutela dell’intera Associazione, delle altre 21 società e della regolarità della competizione. Attendere una eventuale “morte sportiva” del Pisa, rischiando di scendere a 21 in corso di torneo, sarebbe stato un atto di totale irresponsabilità istituzionale, peraltro incoerente con le caratteristiche della Lega B, sempre presente con tutti, intraprendente, risoluta e, molto spesso, risolutiva. Abbiamo inaugurato una nuova stagione nella quale le Leghe potranno assumere funzioni di garanzia per le associate, per il torneo di riferimento e per l’intero sistema».
Da anni la Lega B si batte contro il mach fixing con un impegno di formazione nei club e attraverso un comitato etico che l’affianca in questo lavoro di testimonianza e di dissuasione. Ma a che punto sono le inchieste avviate, per esempio, su “I treni dei gol”?
«Nonostante il nostro costante impegno per contrastare illeciti sportivi e amministrativi, corriamo due rischi: che certi fatti si ripetano e che la giustizia non riesca a essere efficace. Prima di tutto serve un sistema meno vulnerabile e più responsabile, ma servono anche norme giuste, efficaci e inequivocabili che non consentano di rientrare in gioco a soggetti che tradiscono la fiducia dei Tifosi e mortificano la propria dignità professionale. Non voglio esprimere valutazioni sui processi di Cremona e Catanzaro e taccio per evitare imbarazzi, ma il giudizio è chiaro. Dal processo di Catania mi aspetto prima possibile solo informazioni e documentazioni che consentano di sanzionare adeguatamente i tesserati che si sono venduti le partite. Inefficenze della giustizia, anche sportiva, rischiano di coinvolgere in un giudizio sommario, collettivo e ingiusto un intero sistema, una sorta di Daspo di gruppo, che noi non pensiamo di meritare».

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