Abbonamenti boom, mai più spalti vuoti. Ma urgono stadi degni dei tifosi

Mai più stadi vuoti. Giorno dopo giorno, l’andamento delle campagne abbonamenti è sempre più corroborante per le squadre di A, ma pure di B: il Genoa ha già superato le 16 mila tessere e si annunciano numeri molto importanti anche nelle altre piazze del “campionato degli italiani”, come lo chiama il presidente Balata, che già pregusta il record totale di presenze, grazie anche ai cinque capoluoghi di regione in lizza nella nuova stagione. E che dire di Benevento? Oreste Vigorito ha stracciato i prezzi e, addirittura, una tariffa speciale prevede che ogni partita possa costare a un abbonato soltantoo 3,55 euro. Il primo bilancio tracciato dalla minuziosa l’inchiesta condotta da Nicola Balice per il Corriere dello Sport è illuminante: dopo due anni di pandemia, è riesplosa la febbre a 90°, per citare Nick Hornby.

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In 150mila per la Roma

Da Nord a Sud, i cassieri si fregano le mani: Inter e Milan si sono scatenati nel loro testa a testa oltre quota 40 mila, fenomeno che a Milano non si registrava da quattordici anni; la Roma ha polverizzato 36 mila tessere prima ancora che arrivasse Dybala e 150 mila saranno le presenze assicurate all’Olimpico nelle sole tre gare interne di questo mese: amichevole con lo Shakhtar (7 agosto); Cremonese e Monza (22 e 30 agosto, seconda e quarta giornata del massimo torneo). La Lazio ha superato quota 20 mila, così come la Juve, anche se la protesta dei tifosi contro il caro prezzi continua (eloquenti gli striscioni inalberati alla Continassa: “Noi siamo ultras e da ultra ci dovete accettare. Liberi di tifare, liberi di amare… come in tutti gli stadi d’Italia”. “Prima ci cacci poi ti lamenti, risparmia le morali noi non siamo clienti”; “700 euro di JuVergogna”). Tutta un’altra aria si respira a Lecce, all’inseguimento di un primato che lascia intravedere la soglia dei 20 mila abbonati, a conferma di quanto il club di Sticchi Damiani sia l’espressione di tutto il Salento e di quanto il Lecce voglia essere vicino ai propri tifosi che per l’esordio in Coppa Italia con il Cittadella, venerdì sera, ha previsto il prezzo simbolico di 1 euro per gli abbonati. Ottime notizie anche da Firenze, entusiasta della campagna acquisti di Commisso; da Bergamo, con quasi 13 mila tessere vendute, cioè il 90 per cento dei posti fissi opzionabili rispetto al tetto di 14 mila fissato dal club dei Percassi (i due terzi del Gewiss Stadium), considerando i 1.500 posti riservati ai tifosi della squadra avversaria; altri 1.500 per sponsor, invitati e ospiti della società; 5 mila biglietti in vendita per le singole partite.

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Urgono stadi moderni

I tifosi – non i clienti, giova rimarcarlo sempre – stanno facendo benissimo la loro parte, nonostante l’inflazione galoppante, il, caro energia e le prospettive dei salassi autunnali imposti dalla negativa congiuntura economica. Ciò che i tifosi chiedono da anni sono impianti moderni e funzionali. L’Italia punta a organizzare gli Europei 2032, ma, se vuole avere qualche speranza di successo, deve correre e correre tanto. Nel periodo 2007-2021, in Europa sono stati costruiti 187 nuovi stadi per un investimento di 21,7 miliardi di euro: soltanto l’1 per cento è stato registrato in Italia, grazie a Juve, Udinese, Sassuolo, Atalanta, Frosinone, Sudtirol, Albinoleffe. Allo stato attuale, sono 13 i progetti per la costruzione di nuove arene: secondo l’ultimo report della Federcalcio, se tutti questi piani venissero realizzati, comporterebbero investimenti per 1,9 miliardi di euro nelle sole strutture e la creazione di almeno 10 mila posti di lavoro. La storica, grande occasione di Italia ’90 è stata sprecata e il nostro calcio paga un ritardo trentennale della sua impiantistica. Non c’è più tempo da perdere.

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