A tutto Icardi: “Potevo giocare per l’U21 azzurra. Barcellona una mezza prigione”

Mauro Icardi – Inter

Gianluca Di Marzio

10-10-2016 20:32

Durante la presentazione della sua autobiografia a Milano, Mauri Icardi ha parlato della sua vita (da calciatore e non) a 360º. A partire dalla prossima partita contro la Juventus, per finire con gli aspetti più privati: “Cosa succede quando vedo bianconero? Niente ma sono molto contento di poter segnare contro una squadra come la Juventus che negli ultimi anni è sempre stata quella da battere. Per me segnare nel Derby d’Italia è una cosa sempre emozionante e bellissima”.

Sull’addio all’Inter di Mancini: “Dopo tante cose che si dicevano un giorno ho parlato con lui e mi ha fatto capire che la storia con l’Inter era finita. Sono cose che succedono nel calcio, però non è bello quando si fanno i cambiamenti in corsa. La Champions League quest’anno è il nostro obiettivo”.

Su cosa vuole trasmettere con questo libro: “Mi fa piacere che la gente che lo compra possa conoscere Mauro Icardi a di là del terreno di gioco, perchè c’è chi mi vede solo in tv o viene allo stadio e non conosce la mia parte più umana. I social? Io sono sempre stato una persona umile, sono cresciuto in argentina in un quartiere che non è bello per tutti e sono andato avanti, come dice il libro, grazie alla mia famiglia e ai miei genitori che hanno cercato sempre il meglio per me e per i miei fratelli e oggi sono contento di poter avere macchine belle e guadagnarmi i soldi facendo quello che mi piace”.

Sull’aver scelto nel 2013 l’Argentina invece che la nazionale azzurra: “Già quand’ero alla Sampdoria mi era arrivata la proposta di giocare per l’Italia, per l’Under 21. Ho avuto qualche incontro, ma io mi sento argentino. Oggi in Nazionale non mi chiamano ma abbiamo gli attaccanti più forti, che sono argentini. Io sono contento che tutti mi considerano un attaccante da nazionale ma ho ancora 23 anni e il tempo per crescere”.

E un ricordo della cantera Barcellona: “Prigione di soldatini? Non si può dire una prigione, il Barcellona mi ha insegnato tante cose nel calcio e ad essere uomo, perchè lì conta anche la scuola e non solo i gol. Poi un po’ prigione perchè devono controllare tanti ragazzini e non tutti accettano. Io non volevo accettare”.


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