Undici stadi e 700 milioni di euro, in gran parte pubblici, poiché, a parte Camp Nou, Cornellà-El Prat, Metropolitano e Santiago Bernabeu rispettivamente di proprietà di Barcellona, Espanyol, Atletico Madrid e Real, la maggior parte degli impianti è di proprietà pubblica, la Spagna inizia a fare i conti con il Mondiale 2030, che ospiterà insieme con Marocco e Portogallo. La spesa totale per gli spagnoli sarà di un miliardo e 430 milioni di euro, bilanciata dal supposto volume di affari di 5,12 miliardi e 82mila posti di lavoro a tempo pieno da qui a torneo chiuso. Anoeta (San Sebastián), Camp Nou e Cornellà-El Prat (Barcellona), Gran Canaria (Las Palmas), La Cartuja (Siviglia), La Romareda (Saragozza), La Rosaleda (Málaga), Metropolitano e Santiago Bernabéu (Madrid), Riazor (La Coruña) e San Mamés (Bilbao) sono gli stadi scelti dalla federcalcio spagnola per il Mondiale, escludendo il Balìdos di Vigo (città che ricorda giornate indimenticabili ai colori azzurri) e il Mestalla di Valencia. La federazione ha provato a inserire uno dei due esclusi nella lista definitiva, ma Marocco e Portogallo si sono messi di mezzo chiedendo il rispetto delle regole e dei patti. Così, la Spagna, che non organizza la fase finale di un torneo dal 1982, rifarà gli impianti grazie al Mondiale del 2030. Quello che doveva essere sudamericano, tra Argentina e Uruguay, per festeggiare il centenario della manifestazione.
I requisiti FIFA
La FIFA richiede che ogni stadio abbia almeno 5mila posti auto, oltre a perimetri perfettamente organizzati per i cordoni di sicurezza. Le specifiche riguardano anche il campo da gioco, che dovrà essere realizzato in erba naturale con rinforzo ibrido. Le sedi devono disporre di sistemi funzionali di riscaldamento, aspirazione e ventilazione che rimuovano istantaneamente l’acqua dalla superficie. Ulteriori requisiti? Due schermi giganti di almeno 200 metri quadrati ciascuno. Intanto la ristrutturazione del Santiago Bernabeu è costata 1,1 miliardi di euro, il doppio di quanto previsto nel 2019, pre pandemia, mentre lo Spotify Camp Nou sarà pronto solo nel 2026 dopo un investimento di un miliardo di euro da parte di capitali privati. Ma i prezzi stanno lievitando per tutti gli stadi presi in considerazione. La Rosaleda, per esempio, è quello dove gioca il Málaga, appena promosso in Seconda Divisione. Il campo andaluso, così come il resto delle altre sedi, deve raggiungere una capienza minima di 40mila posti per ospitare le partite della fase a gironi, i sedicesimi, gli ottavi, i quarti di finale e le partite per il terzo e quarto posto. Per le semifinali occorre una capienza di 60mila spettatori e per la finale, che salvo sorprese ospiterà il Santiago Bernabéu, servono 80mila posti. L’intenzione dei proprietari – Comune, Consiglio Provinciale e la Junta de Andalucía – è quella di organizzare eventi di ogni tipo una volta finiti i lavori. Lavori che sarebbero dovuti costare 120 milioni di euro ma che raddoppieranno per la ristrutturazione della zona intorno all’impianto.
La difficile alleanza pubblico-privato
Il progetto del nuovo Romareda, Saragozza, è stato presentato ad aprile, con un investimento iniziale di 148 milioni di euro. La cifra è aumentata rispetto ai 120 inizialmente previsti e, come nel resto degli stadi, l’importo potrà ulteriormente aumentare con gli interessi generati dai prestiti delle società che gestiscono gli immobili o dall’acquisto dei terreni su cui saranno realizzati i lavori. Per questi il Real Saragozza ha dovuto allearsi con il consiglio comunale del capoluogo aragonese creando una nuova società, la quale sfrutterà il terreno dello stadio, mentre il comune disporrà di quelli da destinare ai diritti di superficie, che torneranno di proprietà comunale entro 75 anni; con un processo di finanziamento esterno complicato a causa dell’incertezza giuridica sul chi doveva fare cosa e il Real Saragozza che non voleva assumersi il rischio d’impresa in solitaria. I lavori del Metropolitano, che l’Atlético ha acquistato dal comune di Madrid nel 2017 per 30 milioni, costeranno circa 220 milioni di euro. Il Cornellà-El Prat, di proprietà dell’Espanyol, è costato oltre 100 milioni. L’Athletic Bilbao ha dovuto spendere 50 milioni per riformare il San Mamés, la stessa somma versata dal Consiglio provinciale di Bizkaia, il governo basco e la BBK (ora Kutxabank) hanno contribuito con 50 milioni ciascuno e il comune di Bilbao con 11 milioni per le licenze amministrative. Insomma, bello il Mondiale pagato dalle tasse degli spagnoli, ma c’è da scommettere che sarà sicuramente migliore e con stadi avveniristici anni luce rispetto a Italia ’90.
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